sabato 20 ottobre 2012

martedì 9 ottobre 2012

quattro passi per Bangkok



Le altre volte che ero stato a Bangkok mi era piaciuta, l'avevo trovata in un certo senso "moderna", affascinante, così diversa dalle altre metropoli dell'Asia. Questa volta invece no, per niente: mi è sembrato quasi di trovarmi nel film "Blade runner"! Il caldo umido che toglie il respiro, l'onnipresente sopraelevata che smorza la visuale rendendo l'atmosfera claustrofobica, i venditori di strada che ti fermano ad ogni metro, le puttane disseminate ovunque che ti afferrano per il braccio, il tutto sullo sfondo di centri commerciali, uffici di compagnie internazionali e hotel a 5 stelle... Un vero e proprio mercato totale.
Una sera, per puro caso, sono finito nel quartiere a luci rosse (o forse in uno di loro). La strada era invasa da bellissime Thai che invitavano i clienti ad entrare, quando non li spingevano letteralmente. I bianchi abbondavano ed erano chiaramente il target principale di tutto il business e, tra questi, i vecchi rappresentavano il sottogruppo più nutrito. Qua e là si potevano vedere bambine fare l'elemosina ed io credo che facessero molti soldi perché si poteva percepire un certo quale senso di colpa negli occhi di questi vecchi bianchi che, una volta fuori da un locale, si trovavano di fronte queste creature innocenti. Ma la cosa più agghiacciante era un uomo, storpio, un Thai privo di una gamba. Io credo che potesse camminare - certo con le stampelle - ma invece costui strisciava a terra mentre muoveva con la bocca il contenitore per raccogliere l'elemosina. Procedeva nell'indifferenza generale, confuso tra musica tecno ad altissimo volume e schiamazzi e risate di entrambe lavoratrici e clienti.
Siamo entrati in un bar a bere un bicchiere. All'inizio devo dire che la situazione mi aveva colpito piacevolmente: entrare in una strada e trovarsi inaspettatamente tutte quelle belle ragazze mi aveva meravigliato. Ma questa sensazione è andata, come dire, scemando. Nel locale le ragazze erano molto belle, ma dopo un po' che eravamo lì mi è venuto un senso di nausea. Vedere quelle ragazze, alcune poco più che bambine, spogliarsi e mettersi nude, quando non impegnate in acrobazie concepite da una più che fervida immaginazione, mi faceva ribrezzo. Le guardavo negli occhi e percepivo un senso di smarrimento. Mai nessuna ragazza si era spogliata davanti a me in quel modo. Certo avevo già visto una donna nuda, ma era diverso: condividevo qualcosa con lei; del resto anche nel locale condividevamo qualcosa, l'indifferenza. Vedere una decina di donne nude di fronte è come se mi avesse privato (ed immagino quanto possa aver privato loro) dell'intimità, la sfera più personale, quella parte che nascondiamo agli occhi degli altri.
Guardavo negli occhi una ragazza mentre ballava nuda sul palco e nel suo sguardo si poteva percepire come una richiesta di aiuto. Era davvero poco più che una bambina e quando è scesa dal palco le sono andato vicino per parlarle. Non parlava inglese quindi la nostra conversazione non è andata molto lontano. Comunque ha detto che si chiamava "You", che non so se si scriva così, né se sia Thai o cosa; so solo che in inglese vuol dire "tu" e la cosa mi ha molto colpito: quella ragazza ero anche io. Avrei voluto chiederle "che cosa ci fai qui, non vedi in che posto infernale ti trovi?", ma non le ho detto niente perché ho pensato che lei lo sapeva già, infinitamente meglio di me. Non potevo permettermi di insegnarle la morale e non l'ho fatto. Ci siamo salutati e sono andato via, ma nella memoria mi è rimasta l'immagine di lei che mi guarda mentre balla nuda sul palco, in mezzo ad altre dieci ragazze, tutte nude, circondate da specchi e da vecchi bavosi che stanno passando le loro vacanze in Thailandia.