Vi era un tempo in cui ancora forte era l’illusione che la pura sostanza, da sola, sarebbe potuta bastare a cogliere l’inafferrabile, a contenere l’incomprensibile... Il mondo era giovane e con esso l’uomo... La musica fluiva liberamente, vagava e vagava all’infinito e niente la imprigionava, nemmeno il bello... Ma questo tempo finì e la musica stessa fu travolta dalla rigidità della forma, rappresentazione del reale e del tangibile, misura dell’incommensurabile... La logica prese il sopravvento. Lentamente ma inesorabilmente gli dei vennero scacciati e con essi l’armonia dell’edificio chiamato mondo fu perduta. Il razionale permeò totalmente il reale lasciandosi dietro un immenso e desolato deserto, e non fu più lecito credere alla meraviglia delle cose, e non vi fu più meraviglia per le cose. Gli uomini furono scacciati dal paradiso terrestre, pur abitandolo... O forse furono loro stessi, volontariamente, ad andare via per non farvi mai più ritorno. Un solo Dio prese il posto di tanti, ma non poté abitare il mondo perché qualcosa di più potente − la logica − glielo impedì. Diverse soluzioni furono tentate per rinsaldare il legame perduto, per salvare l’uomo dalla sua triste solitudine metafisica. L’uomo cercò mille e mille artifici per colmare il suo vuoto, ma tutti, inesorabilmente, fallirono. La sapienza che tanto elogi fu mero orpello delle reali intenzioni dell’uomo, che ben presto mostrarono il loro autentico volto. Quel tempo lontano è ormai perduto, e non serve rovistare tra i rimasugli di questa civiltà per riportarlo in vita: la realtà è ben altro.
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