martedì 30 novembre 2010

Fantasmi giavanesi


Voglio avere paura di un fantasma quando ne incontro uno. Terje dari Utara mi ha detto che non devo averne, ma io voglio. Si ha paura di ciò che non si comprende, perché è solo l'ignoto che spaventa. Non si ha paura di ciò che si conosce. E' nel buio che si celano i fantasmi ed è per questo che i giavanesi dormono sempre con una luce accesa.
Quando lo spaventoso si conosce cessa di far paura, diviene noto, normale, e quando ha le sembianze dell'ordinario può finanche essere banale.
Per questo voglio avere paura, perché cerco nell'oscurità dell'irrazionale qualcosa che davvero mi impressioni, che mi porti lontano dal mondo completamente razionalizzato. La conoscenza non genere questo tipo di emozioni, poiché la conoscenza è sempre di ciò che è noto e solo l'insolito, l'esotico, l'oscuro è in grado di scuotere l'anima e di farla vibrare con la sua carica irrazionale.

Ma tuttavia vi è qualcosa di più che scaturisce dalla conoscenza.
L'amore, come la paura, è un sentimento vasto e totale, spaventoso ed immenso, come un baratro che si staglia sotto ai nostri piedi.
L'amore in principio, il colpo di fulmine, è qualcosa che non si conosce ma la cui portata si avverte con tutta l'anima, senza che vi sia tuttavia possibilità di razionalizzazione.
Dalla conoscenza, al contrario, proviene un amore più profondo, che proprio per questa ragione è raro in una società superficiale come la nostra. Dopo lo stadio iniziale, quello esotico, che è sempre entusiasmante, dopo lo stadio ordinario, che è sempre noioso, ve n'è uno più intenso, in cui si conosce ciò che si ama e si ama ciò che si conosce. L'odinario si tramuta in straordinario e l'arcinoto meccanismo che sottende tutte le relazioni diviene magico.
L'amore acerbo, come la paura, è guardare nel baratro e magari perdersi in questo abisso. L'amore più profondo, al pari della conoscenza, è un processo più lungo, ma che ha la capacità di dischiudere le porte dell'Eden.

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