martedì 14 dicembre 2010

Oriente\Occidente - Umanità\Spiritualità

Il bisogno dell'esotico. Il bisogno di fuga ed avventura che è in tutti noi. Il bisogno dell'Occidente di attribuire ad un luogo altro qualcosa che non ha e che non è, o che forse non ha più e che non è più.

Questa stessa necessità non poteva non toccare una sfera così importante per l'essere umano: il suo rapporto con l'assoluto.

L'Asia - come è noto - è il posto ideale per ricongiungersi con il metafisico, ovvero con ciò che non trova più posto nelle società ormai pressoché totalmente organizzate dell'Occidente. Ed oggi più che mai, alle prese con un nichilismo sempre più distruttivo, il pragmatico Occidente ha un bisogno smodato di spiritualità, se non altro per dare un senso più o meno vago all'insensata accumulazione di capitale. Ma tuttavia è fondamentale che questo moto spirituale sia situato altrove, a distanza di sicurezza, lontano dal cuore e dalla mente in maniera da non interferire con la vera struttura dell'intero apparato, che in verità ben poco ha a che vedere con lo spirituale.

Non si può negare che vi sia spiritualità in Oriente e certamente rappresenta una delle sue caratteristiche più pronunciate. Ma tuttavia, al di là dello spirituale che ritrovo qui, devo dire che, ai miei occhi, nessun'altra terra ha una così grande carica umana come l'Indonesia e l'Asia in generale. E devo dire che quella che io percepisco qui, ogni giorno ed ogni ora, è piuttosto un'umanità che una spiritualità. Al di là del misticismo che si ritrova in questi luoghi, è l'umanità delle persone la cosa che più di tutte stupisce. Questa è la caratteristica più comune ai popoli asiatici, il loro essere, alla lettera, umani.
E mi fa ridere il fatto che - almeno nei termini - umanità e spiritualità siano in qualche modo un ossimoro, ovvero che siano in contraddizione fra loro: quella che l'Occidente reputa patria della spiritualità ai miei occhi appare nient'altro come patria dell'"umanità"!

Del resto, tuttavia, non si tratta di un ossimoro: la contraddizione è solo apparente. L'umanità è spiritualità.

La spiritualità asiatica la si tocca con mano, la si vede negli occhi della gente, la sia ascolta nelle voci delle persone, la si percepisce nei loro cuori.

venerdì 3 dicembre 2010

La poligamia secondo Vincenzo


Sono stato scortese oggi in classe. Scortese con tutti gli indonesiani che c'erano. Con loro, che sono così formali e gentili.
Oggi non mi andava di rispondere alle solite domande, del tipo: "Sei sposato?", "Dove abiti?", "Qual è il tuo piatto preferito?" e così via... No. Oggi no.
Forse perché in questo ultimo periodo sto frequentando prevalentemente occidentali e meno i locali.

Le azioni di un europeo sono sempre finalizzate ad uno scopo pratico; invece quelle di un asiatico no. Forse esagero nel mio giudizio, ma è mia convinzione che per quanto poco disinteressata sia l'azione di un asiatico, lo è meno di quella di un europeo, e comunque in maniera diversa.
E in un certo senso questo mattina mi prendevo gioco della insensatezza delle domande che mi venivano poste, della loro assoluta inutilità: presto tutta questa gente andrà via ed io non li vedrò più (andranno via tra meno di una settimana). E provavo una certa goduria nel dire che avevo cinque mogli, una per ogni continente, mantenendo un'espressione seria, così da mettere in difficoltà il mio interlocutore. La mia fierezza europea, insieme al mio pragmatismo, erano lì a guardarmi e a gioire della (presunta) superiorità dell'ironia dell'uomo bianco.

E così adesso, a freddo, mi rendo conto del perché amo l'Asia e della lotta che c'è dentro di me, tra una parte che vuole la pace tra i popoli e l'altra che vuole soltanto il predominio di uno solo. Una parte di me cede con gioia ogni cosa che posseggo mentre l'altra freme per una ricompensa. E questo opprimente gioco non tocca solo me, ma riguarda soprattutto le parti oscure di una cultura, quelle che non si leggono nei manuali di antropologia. Mi rendo conto che questa, come altre del resto, è una barriera reale tra i bianchi che vivono qui e gli indonesiani.

E quando alla fine della lezione sono spuntate le macchinette fotografiche, tutti - e dico tutti, anche quelli con cui ero stato chiaramente scortese - hanno voluto fare una foto con me. E hanno detto "facciamo una foto con il bulé" (= termine indonesiano che indica i bianchi, vagamente razzista), mentre i più audaci hanno detto "facciamo una foto con londo" (= termine giavanese, appellativo per gli olandesi, i colonizzatori, più marcatamente razzista). Mi sono prestato al gioco, rassegnato come un animale in gabbia, e finalmente ho provato cosa vuol dire essere diverso.

martedì 30 novembre 2010

Giorgio, sempre Giorgio, fortissimamente Giorgio! :-)

Fantasmi giavanesi


Voglio avere paura di un fantasma quando ne incontro uno. Terje dari Utara mi ha detto che non devo averne, ma io voglio. Si ha paura di ciò che non si comprende, perché è solo l'ignoto che spaventa. Non si ha paura di ciò che si conosce. E' nel buio che si celano i fantasmi ed è per questo che i giavanesi dormono sempre con una luce accesa.
Quando lo spaventoso si conosce cessa di far paura, diviene noto, normale, e quando ha le sembianze dell'ordinario può finanche essere banale.
Per questo voglio avere paura, perché cerco nell'oscurità dell'irrazionale qualcosa che davvero mi impressioni, che mi porti lontano dal mondo completamente razionalizzato. La conoscenza non genere questo tipo di emozioni, poiché la conoscenza è sempre di ciò che è noto e solo l'insolito, l'esotico, l'oscuro è in grado di scuotere l'anima e di farla vibrare con la sua carica irrazionale.

Ma tuttavia vi è qualcosa di più che scaturisce dalla conoscenza.
L'amore, come la paura, è un sentimento vasto e totale, spaventoso ed immenso, come un baratro che si staglia sotto ai nostri piedi.
L'amore in principio, il colpo di fulmine, è qualcosa che non si conosce ma la cui portata si avverte con tutta l'anima, senza che vi sia tuttavia possibilità di razionalizzazione.
Dalla conoscenza, al contrario, proviene un amore più profondo, che proprio per questa ragione è raro in una società superficiale come la nostra. Dopo lo stadio iniziale, quello esotico, che è sempre entusiasmante, dopo lo stadio ordinario, che è sempre noioso, ve n'è uno più intenso, in cui si conosce ciò che si ama e si ama ciò che si conosce. L'odinario si tramuta in straordinario e l'arcinoto meccanismo che sottende tutte le relazioni diviene magico.
L'amore acerbo, come la paura, è guardare nel baratro e magari perdersi in questo abisso. L'amore più profondo, al pari della conoscenza, è un processo più lungo, ma che ha la capacità di dischiudere le porte dell'Eden.

giovedì 25 novembre 2010

Cerimonia funebre - Bali



Mother Temple #2

Il concetto di zoo esemplifica perfettamente l'atteggiamento dell'uomo bianco nei confronti della natura e delle cose che lo circondano.

Lo zoo è un posto ordinato, razionalizzato, diviso a seconda delle varie tipologie, in ossequio alla necessità imperante di catalogare. Ogni classe, a sua volta, è suddivisa in specie, di cui possiamo ammirare ogni esemplare come annunciato dal cartellino che campeggia in bella mostra sulla sua gabbia.
L'uomo bianco - e qui la mia immaginazione me lo ritrae in pantaloncini, a torso nudo - si limita a passeggiare intorno a queste gabbie, mangiando pop-corn e tirandone un po' all'oggetto della sua visita, gradito commensale per il fiero pasto. Questo è esperire la natura, questo è Erlebnis!

Tuttavia niente è immune a questa logica ed è così che questo concetto si rivela valido anche nei confronti della cultura (un museo è uno zoo impolverito ed inanimato) e dei popoli altri, quegli stessi che una volta l'uomo bianco considerava alla stregua di bestie e che oggi chiama con disinvoltura "partner commerciali".
Bali - ma solo alcune sue aree, fortunatamente! - esemplifica bene il concetto di zoo di cui sopra. L'uomo bianco varca oceani ed oltrepassa continenti per aver un contatto reale con questo zoo e, certamente, è benvenuto! Egli può assaporare un pizzico di vita balinese facendo un'escursione pomeridiana fuoriporta, ma perlopiù preferisce percepire l'esotico attraverso le sbarre del suo hotel o tuttalpiù all'interno del grande recinto di un luogo "turistico", predisposto dagli stessi balinesi per quest'uso.

Ma dov'è la gabbia? E cosa racchiude la gabbia? I balinesi o l'uomo bianco? Si direbbe entrambi! Sembrerebbe che Bali sia il modello perfetto di zoo, con tanto di parco giochi (Kuta), dove tuttavia non mancano intrattenimenti di livello culturale, finanche spirituale (Ubud).
E tutti sono contenti! Gli occidentali esperiscono l'esotico e i balinesi fanno quattrini!

Questa è la prima volta che ho avvertito,
qui in Indonesia, un odio latente tra i bulè (i bianchi) ed i locali. Ma fortunatamente l'Indonesia, Bali inclusa, è un'altra cosa.



Mother Temple #1



la Luna di Pejeng

Il tamburo di bronzo più grande al mondo

Bali



tre rifugiati

Pioggia di cenere + black out!

...e ancora cenere



mercoledì 24 novembre 2010

Villaggio incenerito



Fiume di cenere



Foto di gruppo con Merapi

"Esotico" è ciò che non si comprende ma che allo stesso tempo affascina. Per un americano esotica è l'Italia e probabilmente per un italiano è esotica l'Indonesia. E qui mi viene in mente il film "Eat, pray and love" così popolare da queste parti...
Ma cos'è esotico per un indonesiano?

L'esotico svanisce lì dove comincia l'ordinario.

Gunung Merapi

sabato 23 ottobre 2010

Natura Morta con Giorgio - o viceversa

Gallo

Galli

Yogyakarta Karneval

Conducenti di becak

La semplicità è ciò che contraddistingue i giavanesi. La bellezza e naturalezza di un sorriso che uno sconosciuto ti rivolge soltanto perché ci si trova lì, adesso. La chiave che qui apre tutte le porte, e che l'Occidente ha relegato nel profondo dello stomaco.

the Indian Ocean

sabato 14 agosto 2010

giovedì 12 agosto 2010

Dal Viet Nam all'Indonesia: in cibo veritas

"He was just a word for me. I did not see the man in the name any more than you do. Do you see him? Do you see the story? Do you see anything? It seems to me I am trying to tell you a dream - making a vain attempt, because no relation of a dream can convey the dream-sensation, that commingling of absurdity, surprise, and bewilderment in a tremor of struggling revolt, that notion of being captured by the incredible which is of the very essence of dreams..."
He was silent for a while.
"...No, it is impossible; it is impossible to convey the life-sensation of any given epoch of one's existence, - that which makes its truth, its meaning - its subtle and penetrating essence. It is impossible. We live, as we dream - alone..."



"... Per me non era che una parola. In quel nome non vedevo l'uomo più di quanto lo vediate voi. E voi lo vedete? Vedete la storia? Vedete qualcosa? ...
Mi sento come se cercassi di raccontarvi un sogno, e sarebbe un tentativo vano perché nessun resoconto di un sogno può trasmettere la sensazione che nel sogno si prova, quella mescolanza di assurdità, sorpresa e smarrimento, in un fremito di spasmodica rivolta, quell'impressione di essere prigionieri dell'incredibile che è l'essenza stessa dei sogni..." Rimase un attimo in silenzio.
"... No, è impossibile; è impossibile trasmettere la sensazione della vita di un qualsiasi momento della propria esistenza - ciò che ne costituisce la verità, il significato - l'essenza sottile e penetrante. E' impossibile. Si vive come si sogna... soli ..."

Heart of Darkness - Cuore di Tenebra
J. Conrad