venerdì 25 marzo 2011

Riflessioni sul volto di un cadavere - Trunyan



L'immagine della morte impressa sul volto del cadavere nel cimitero di Trunyan scolpita nella mia mente... Mi ricorda l'"Urlo" di Munch... Un richiamo disperato, rivolto ai vivi presumibilmente. È incredibile come la morte possa far pensare al suo contrario, alla vita... La vita, in generale, non fa pensare alla morte, al contrario!

Ho pensato che quel destino toccherà anche a me, che quella stessa espressione comparirà sul mio volto, probabilmente nascosto da pudica terra. Non so quale vantaggio abbia l'ostentazione della morte, ma di certo colpisce, se non spaventa, e fa riflettere.

E mi viene da pensare al reale, alla realtà, ed al sogno. Cos'è la vita, e dunque il reale, rispetto alla sua fine, alla sua negazione? È tutto probabilmente, mentre quello è niente. Ma che senso ha l'accumulazione di capitale - umano e bancario - di fronte all'urlo della morte?

Forse quello che mi ha ispirato quell'immagine è l'inutilità del tutto... Certamente delle sciocchezze, non delle cose importanti... Ma non sarò io a determinare cosa sia sciocchezza e cosa sia importante!

Credo che si ricordino delle cose piuttosto che delle altre perché si attribuisce loro un grado di realtà, che dunque si vuole conservare. Ciò che si dimentica è come se non fosse mai esistito, perché poco importante. Seguendo questo ragionamento, la realtà è piuttosto una cosa a-posteriori, che non si coglie mentre accade, o meglio la si coglie ma solo con i sensi che poi vengono, come dire, selezionati ed immagazzinati per essere ricordati e divenire storia personale.

Dunque questa è la realtà. E anche se ci succede qualcosa che mai avremmo voluto che accadesse, allora gli attribuiamo un senso nostro, non importa quanto veritiero.

Le preoccupazioni dell'amante esistono solo nella sua testa. Può capitare che l'amato non se ne accorga nemmeno, e mi perdoni Dante Alighieri se contraddico la sua celebre terzina!

Dunque, qual è la realtà? Quella dell'amante o quella dell'amato?

Il volto trasfigurato dalla morte su quel cadavere mi ha ricordato quanto effimera sia la vita. Ci aggiriamo per le vie del mondo come un funambolo che cammina su di una corda sospesa nel vuoto. Tutti gli incontri, le esperienze che si fanno lungo il tragitto, sono effimeri quanto lo è la corda su cui muoviamo i passi, quanto lo è lo stesso funambolo che cammina. La vita è come una candela al vento... Un giorno quella espressione apparirà sul mio volto.

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